Bea e Filippo

Bea e Filippo

giovedì 3 aprile 2014

Il Voto

.... immagine di repertorio... non mio
"Papà, ma se ho preso otto ti arrabbi?"
"Perché dovrei arrabbiarmi, non capisco"
"Perché vuol dire che ho fatto qualche errore e quindi non sono stata proprio brava"
"Cara Bea, mettiamo allora subito in chiaro alcune cose. 
Anzitutto l'otto non è un brutto voto. Dice che anche se ci sono alcuni errori l'esercizio è fatto bene. Non è perfetto, ma neppure insufficiente. Quindi non disprezzare l'otto.
La seconda cosa che mi preme è che tu di fronte a questo compito non perfetto impari a guardare a quello che hai sbagliato per capire il perché: ti eri distratta? Non avevi capito bene che cosa dovevi fare? Era troppo difficile? Ti sei semplicemente confusa? Il voto conta, certo, ma è molto più utile capire da dove nasce l'errore e quindi fare in modo di migliorare per non compierlo più. A questo serva la scuola e l'impegno che ci metti.
Infine: il tuo otto non mi fa arrabbiare per niente. E non ti devi arrabbiare neppure tu: non lo devi vivere con invidia rispetto a chi ha preso un voto migliore e neppure come vanto per chi ha fatto qualche errore in più di te. Metti la testa su quello che fai e su che cosa stai imparando. Il voto è la fotografia di quello che stai facendo: se puoi fare meglio, la prossima volta lo dimostrerai."
Chiaro?."
"Sì, ho capito papà... allora guarda quello che ho sbagliato".

Mi mostra il quaderno e noto che ha completamente cannato uno dei cinque esercizi che doveva fare. Ha però sbagliato con logica perché, forse per una sua lettura troppo superficiale o per distrazione, ha fatto il contrario di quanto richiesto. E senza errori, se avesse avuto una traccia ribaltata.
Le spiego la dinamica dell'errore. E sorridiamo insieme.

Quello che non le ho detto ... per ora.

Il mio rapporto con il voto (o il giudizio) scolastico è sempre stato abbastanza altalenante. Me la cavavo, ma non ho mai raggiunto le vette della perfezione. Anzi in artistica e musica alle medie ero una vera e propria schiappa. Al Liceo me la cavavo meglio con le lingue morte che con quelle vive... e se, successivamente, ho migliorato molto in italiano, in francese ho sempre lottato per non retrocedere.
Però più proseguivo gli studi più la mia media voto si alzava, e paradossalmente meno me ne importava. Non so che cosa mi sia successo ma da un certo punto in poi cominciai a vivere un certo distacco dalla valutazione.
Tanto che i miei genitori, da quando raggiunsi il potere di firma, non videro più un mio compito in classe... e la pagella di fine anno se la dovevano andare a vedere a scuola.
Per non parlare del libretto universitario... 
A loro dicevo che andavo bene. Si fidavano... erano curiosi, ma ad un certo punto si arresero. Non che non cercassero di informarsi (mia sorella aveva solo un anno meno di me... certe notizie arrivavano), ma con me alla fine non insistettero più di tanto. Mio padre mi diceva che la scuola era per me, non per lui.
In più bastava mia sorella a rimarcare i suoi successi scolastici... neppure troppo eccelsi. E ricordo bene quella volta che per sbaglio mise le mani sul mano al mio libretto universitario:  rimase stupita e mi disse perché non li facevo vedere alla mamma e al papà. "Così, già si vantano per te...". A me sta robe di dire che "Mio figlio va bene a scuola" mi davano sui nervi... e in un paese piccolo. 
A me studiare piaceva. Mi rompevo il giusto e mi esaltavo per le materie più appassionanti. Il voto era in second'ordine. Vabbé.

Non so se il mio disincanto rispetto a quel numero, comunque importante, fosse giusto o meno. Se posso essere considerato, in prospettiva, un esempio positivo. fatto sta che non ricordo particolari ansie rispetto alle prove scolastiche: interrogazioni, compiti in classe, esami. Non perché mi andassero sempre bene... ma perché cercavo di arrivarci almeno pronto. Quello mi riusciva, poi come andava andava.

I miei figli li vorrei almeno sereni di fronte al voto! Né ansiosi, né con eccessive pretese di perfezionismo.  Soprattutto non li vorrei con gli occhi puntati sugli altri, a dire o anche solo pensare "ma lui o lei hanno preso meno di me...".

Ma so che questo un po' dipenderà anche da noi genitori...

"No, non mi arrabbio per il tuo otto, Bea!"





5 commenti:

  1. Atteggiamento ammirevole. Da figlia timida di un genitore che si vantava dei miei "successi" scolastici a destra e manca ma non mi chiedeva mai se ero felice o se mi interessava quel che studiavo (ed era ciò che avrei voluto facesse), credo che tu abbia ragione al 100 per cento!

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    1. A me preme cercare di trasmettere serenità e desiderio di imparare senza l'assillo del voto!

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  2. Quando ho letto le tue parole per l'otto di tua figlia, ho visto scritte le mie parole che consolano studenti che sono un po' accartocciati per un voto inaspettato.
    Vorrei tanto che tutti i genitori di questi miei studenti copi-incollassero le suddette parole. Avremmo studenti e figli più sereni e, probabilmente, più attenti a non sbagliare la volta successiva.
    Complimenti!
    Monica

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    1. Sono convinto che ti entra dentro quello che ami... così un po' vale per la cultura e la scuola... col timore di ricavi poco. Vedremo!

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  3. Bellissimo e ammirevole!!! Cercherò di fare mio questo insegnamento e di trasmetterlo a mia figlia quando verrà il suo momento. A me dei voti è sempre importato poco, ho sempre considerato lo studio di certe materie come un dovere che per alcune si è poi tramutato anche in piacere. La filosofia di " se studi studi per te stessa" è arrivata più tardi, credo in seconsa superiore. E poi scattano dei meccanismi nascosti e a volte distorti, come prendere bei voti per dare un minimo di soddisfazione ai tuoi, prendere dei bei voti per far vedere agli altri che non necessariamente sono migliori di te, prendere dei bei voti per dimostrare a te stessa che anche tu ce la puoi fare. Ricordo il primo esame all'università: ero talmente agitata che la professoressa mi disse di presentarmi la sessione successiva, perchè non era bello iniziare il libretto con un 18. Mi arrabbiai moltissimo con me stessa. Il giorno dopo presi 30 e lode e la prof dovette chiedermi scusa e farmi pure i complimenti.La soddisfazione più grande? Incontrare la prof di inglese delle superiori che aveva sempre detto che non capivo nulla di inglese e buttare l' con noncuranza che mi ero laureata in lingue!

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