Bea e Filippo

Bea e Filippo

mercoledì 29 ottobre 2014

Mamma ho fame!

Sono sempre stato restio a parlare del mio lavoro e del "mondo" che sfioro ogni giorno. Si tratta di una sorta di inutile pudore. Lo so.
E anche oggi lo faccio perchè stimolato: rubando "titolo" e contenuti a Sabina di Zigzagmom.

Ma prendo la palla al balzo, quella che è lanciata con tanta precisione e profondità in questo bellissimo post: La fame dei bambini.

L'occasione data a Sabina, e ad altre blogger, è fornita da un invito congiunto che La Fondazione Banco Banco Alimentare Onlus (nella sede del Banco della Lombardia) e Kellog's hanno fatto. Invito a osservare come questa fame trova una risposta, certamente parziale, ma almeno concreta e continua. E come  alcune aziende tentano di metterci del loro, nella specifico attraverso l'iniziativa Breakfasts for better days. (grazie!)
Il dettaglio di tutto lo travate nel post di Sabina. Su leggetelo!


Io ritorno al "mio mondo" quello della fame tanto per intenderci. Quello che per me è un lavoro da oltre 10 anni. Uno di quei lavori che non ti lascia indifferente. Quello che spesso mi fa pensare, anche incazzare perchè è il mondo della sofferenza silenziosa, sotterranea, dimenticata. O dell'operosità e della solidarietà snobbata o declassata perché fatta di mille piccole iniziative: le uniche poi che spesso arrivano a tutti. Però.


Quello delle oltre 6.000.000 di persone che in Italia sono povere (ma davvero povere!) e tra loro si stimano circa 800.000 bambini.
Quello delle migliaia di strutture caritative territoriali (solo con la Rete del Banco ne sono convenzionate quasi 9.000 per circa 1.800.000 persone aiutate) che sul territorio si fanno in quattro per aiutare famiglie, senza fissa dimora, anziani soli, ecc. magari anche solo con un pacco alimentare.
quello dove si raccolgono e distribuiscono migliaia di tonnellate di alimenti (in parte provenienti dagli aiuti della Comunità Europea), dall'altra provenienti dal recupera delle eccedenze che la filiera agroalimentare genera. Una grossa parte, di questi alimenti, arrivano dalla solidarietà di milioni di italiani che durante la Giornata della Colletta alimentare donano parte della spessa per i poveri.

Questo è mondo che spesso non fa notizia. 
Soprattutto quello dei poveri. Quelli che in silenzio fanno la fila nelle mense o vanno a chiedere un pacco di cibo per tirare la fine del mese.

Quanti papà e mamme convivono col dramma di non riuscire a nutrire adeguatamente i propri figli? 
Sì perché ci sono bambini che un pasto completo lo fanno solo a scuola (se va bene, perché ora se non paghi il dovuto ti fanno portare il panino da casa...per chi riesce a farlo).

O quello delle centinaia di migliaia di volontari che quotidianamente con questo mondo convivono: cercano di offrire aiuto, supporto, ascolto, consolazione. Sempre con meno risorse. Spesso con pochissima considerazione. Ma con molta passione e dedizione. 
Sì c'è anche il mondo di chi fa la sua parte: di molte aziende che al posto di buttare le eccedenze le donano. Di parti delle istituzioni che provano a supportare questa rete di Welfare. Chiamiamola per nome!
Questo è un mondo strano: che non urla, che non fa casino, che spesso non riesce neppure a rivendicare diritti o semplicemente a chiedere attenzione. E in Italia, spesso, se non fai rumore non esisti. Ma è un mondo reale. Perché la fame è reale e il cibo un diritto.

"Mamma ho fame": tutto però deve ritornare qui! Non è la domanda che stona, è la possibile risposta. Il dramma di non averla completa. La tristezza che un piatto semi vuoto abita molte case nel nostro paese.

Questa è una vera emergenza: che diventi, la lotta alla fame, una vera priorità!



martedì 14 ottobre 2014

La Sfida!

Sono un amante dello sport. Ne amo davvero tanti: dal calcio al basket, dal golf alla pallavolo. Lo sci, l'atletica, l'alpinismo e l'arrampicata, pure lo "skyrunner". Il ciclismo, il nuoto, il tennis e il ping pong.
Da giovane riuscivo a seguire in TV anche la pallamano, la pallanuoto, il biliardo o la vela (indimenticabili le nottate a guardare l'America's Cup).

Di questi sport molti, a livello amatoriale, li ho pure praticati un po'. In maniera molto basica so giocare a calcio, basket, pallavolo, ping ping, tennis, biliardo. In bici ho fatto giretti mica male e da ragazzo facevo pure le campestri. Da qualche annetto mi diletto pure con lo sci. Non includo il nuoto perché il livello basico è oltre le mie attuali capacità. Ho camminato per i miei monti a destra e manca con anche qualche piccola ferratina.

Con la nascita di Bea e Filippo ammetto di aver mollato un po' tutto. Non è che facessi chissà che cosa, ma almeno la partitella a calcio del sabato mattina non mancava mai... Non è che i miei figli siano responsabili del mio "sfascio" sportivo, ci mancherebbe. Mi hanno semplicemente fornito un alibi perfetto per riconsiderare la mia condizione: quella di un quarantenne con un fisico in lento appassimento e quindi poco propenso agli sforzi che lo sport, anche solo amatoriale, impone.
Fatica, costanza, rigore ecc.

Mi ritrovo così, alla soglia dei quarantacinque anni un po' impigrito, sovrappeso, col vizio del fumo duro a morire. Eppure ogni volta che seguo qualche evento sportivo mi parte l'embolo del "mi piacerebbe"! E' stato così quando ho seguito le imprese di Kilian Jornet, o la Tor des Geantes. O all'arrivo del Kima. Magari poi mi metto pure a fare una camminata seria per scontrami col rifiuto del mio fisico che mi dice "ma che cavolo pretendi da me"!
... sugli sport di squadra mi sono un po' ritratto, per decenza.

In più da qualche tempo è scoppiato, attorno a me, il virus del running. Tutti che corrono, e corrono. E più passano i mesi più corrono. Ma come cavolo fanno!
Non ho manco la scusa di essere un super intellettuale: leggo molto, scrivo un pochetto, ma no, non sono un intellettuale. Proprio no!

Ma non c'è proprio più nulla da fare per me? Ne parlavo con alcuni miei amici... tutti sulla stessa barca: un po' rassegnati un po' compiaciuti. Ma non del tutto. Per entrambe le cose.

Ed ecco la mia idea, anzi la mia sfida: oggi quasi tutte le aziende top che producono marchi sportivi scelgono (in)giustamente testimonial di livello! Quelli che fanno vendere di più, e il marchio accompagna le loro imprese o semplicemente li mostra, E' la legge del marketing. Mica sbagliano per carità, ma in fondo camminano dove l'acqua è bassa. 

Ma non è che le vere sfide sono altre? 

Carissime Nike, Adidas, Puma, The Nord Face, Scarpa, Salomon, Montura, Tecnica, Ferrino, Asics, Colmar, Enervit, La Sportiva, Salewa, Camp, ecc. Ma avete mai provato a prendere due o tre (o anche uno) quarantenni o su di lì, un po' pigri, sovrappeso, con qualche vizietto poco salutare, notoriamente poco sportivi e trasformarli in atleti? Magari ci avete già pensato. O forse no!
Questa potrebbe essere una sfida vera! Un'impresa. Di quelle serie.
Significa aprire orizzonti di possibilità: ricreare, da una base su cui nessuno scommetterebbe un euro, un soggetto nuovo!
Rendere l'impossibile una realtà: darsi un obiettivo e sfidare le leggi della "normalità".

Io sono a disposizione! Pronto a correre il rischio. 
In fondo come esiste la possibilità che una persona venga "assoldata" per bere Rum sulla spiaggia, non vedo perchè non si possa accettare una sfida del genere... che poi è pure molto più salutare!

Allora chi ci sta?


martedì 7 ottobre 2014

Tutto concorre

Forse pure quest'anno ce  la facciamo. A ripartire intendo (si fa per dire, perché alla fine è un po' tutto consecutivo).
C'è voluto di fatto un mese per definire un calendario settimanale almeno prossimo al definitivo. Non è semplice coordinare le attività obbligatorie (Scuola, asilo e nuoto - da noi il nuoto rientra in questa categoria -  e dopo le impressionanti figure imbarazzanti che faccio in acqua i bambini stesso lo hanno accettato come tale) con quelle ludico facoltative.
Quest'ultime si potrebbero non fare, ma alla fine tra desideri, compagnie, istinto al movimento qualcosa, omologazione sociale (metteteci quel che volete) si deve per forza aggiungere.
Ma finalmente abbiamo partorito: Bea si riconferma apprendista ginnasta, Filippo fa il salto di qualità: mini basket. 
Un vero planning non c'è ancora oltre alla nonna  abbiamo una baby sitter precaria, ma sono fiducioso.
In più si sono accavallate altre cosette non meno importanti: la moglie che mi cambia lavoro e che quindi è impegnata nei saluti con gli "ex colleghi". O il mio lavoro che ha avuto un concentrato di attività che mi ha assorbito più del lecito... 

Di più. Sabato scorso io e mia moglie abbiamo pure pulito il balcone e il box generando incredulità - rispetto a questa azione potenzialmente pericolosa - soprattutto in noi stessi. Al pari della soddisfazione che ho avuto nel presentarmi per la prima volta in discarica per eliminare tutta una serie di reperti archeologici.
E poi domenica c'è pure il compleanno di Filippo. C'è da organizzare la castagnata.... fino ad arrivare al viaggio a Parigi già blindato per il ponte del 2 giungo (... certo che prendere i biglietti aerei - seppure in super sconto - otto mesi, prima significa proprio vivere per il futuro).

Non ci si annoia. Non è che non ci sia tempo per farlo, ma sto benedetto tempo viene preventivamente riempito. E' così, nel bene e nel male.
Basterebbe la quotidiana cronaca spiccia a riempire pagine e pagine di blog, ma spesso la catalogo come non "interessante" e quindi non utile alla causa. 

Eppure è questa cronaca a segnare lo stato di salute del proprio vivere. Almeno del mio.
Sì perché il confine tra il ritenere l'insieme di tutte queste incombenze, soprattutto quelle legate ai bambini, un solenne rottura di palle o un transitoria opportunità per condividere una tratto di vita con loro, questo confine - dicevo - è proprio sottile.

Facciamo due conti: Bea ha 7 anni, Filippo 5. Se va bene ho circa 10 anni per stare con loro in maniera intensiva. Poi, se sono come mamma e papà, chi li vedrà più?
Quindi, al netto delle sparate di Filippo sul mio futuro (proprio ieri sera diceva: "Papà mi sa che quando mi sposo io tu sarai morto...". "Filippo dai, mi piacerebbe fare almeno per un po' il nonno". "Dai papà, mi sa che lo fai con i figli delle Bea..."), voglio puntare sulla possibilità di trasformare le potenziali "rotture di palle" in opportunità.

In fondo non è impossibile. Neppure così faticoso. Basta non subire tutto come un peso.  
I compiti, le riunioni scolastiche o dell'asilo, i vari appuntamenti sportivi o similari. Le feste con gli amichetti, le gite, gli svaghi di vario genere. I capricci, le arrabbiature, i sorrisi o i pianti. Il cibo, i vestiti, la tecnologia a piccoli bocconi. Le domande, i dubbi, le soddisfazioni. I tempi pieni e quelli vuoti. 

Tutto concorre. A che cosa lo decidiamo noi! Lo decido io.








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